Abbiamo preparato il nostro mosto ed è finalmente giunto il momento dell’inoculo del lievito. Ossigeniamo e chiudiamo il tappo del fermentatore. E ora? Il nostro compito è quello di aspettare che la fermentazione si concluda ma cosa accade realmente all’interno di quel contenitore?
Sappiamo bene che il lievito è un organismo vivente. Possiamo dire che il suo scopo nella vita è quello di proliferare e quindi di riprodursi. Per farlo però ha bisogno di energia e quindi di nutrimento. Ecco perché mettiamo tanta cura nella preparazione del mosto, per poter garantire l’ambiente migliore per il lievito. Dal momento in cui viene inoculato, il lievito inizierà il suo ciclo vitale e la prima cosa di cui ha bisogno per poter sopravvivere è l’ossigeno, per questo ossigeniamo il mosto. Possiamo distinguere tre fasi specifiche della vita del lievito:
• Respirazione: come abbiamo appena detto il lievito ha bisogno innanzitutto di ossigeno. In questa fase infatti il lievito assorbirà tutto l’ossigeno che saremo riusciti a immettere e i sali minerali naturalmente presenti nel mosto, trasformandoli nell’energia che sarà necessaria per la fase successiva. Questa fase può durare indicativamente da 2 a 15 ore, ma in alcune fermentazioni può protrarsi anche fino a 24/36 ore: durante questo periodo non si vedrà praticamente nessuna attività nel fermentatore.
• Fermentazione: se fino ad ora non abbiamo avuto nessun cenno di vita da parte del lievito, questo è il momento in cui si farà maggiormente sentire. Si tratta infatti della fase tumultuosa in cui le cellule si riprodurranno molto velocemente (con un raddoppio ogni 20 minuti) ed iniziano ad aggredire gli zuccheri fermentabili presenti nel mosto, trasformandoli in alcol etilico e anidride carbonica e generando anche i composti che caratterizzeranno l’aroma e il sapore della birra. Questa fase può durare da 3 a 6 giorni. Per quanto venga definita tumultuosa, in base al tipo di fermentazione potremo osservare attività esagerate tanto da far uscire la schiuma fuori dal gorgogliatore oppure sentire soltanto un brontolio sommesso ogni tanto e notare la formazione di un piccolo strato di schiuma che si affievolisce dopo poco. Non dovete farvi venire paranoie e aprire il coperchio del fermentatore perchè pensate che la vostra fermentazione non sia partita, ma per questo vi rimando all’articolo “Vi svelo il segreto per fare la birra”.
• Sedimentazione: quando i lieviti si saranno nutriti di tutti gli zuccheri non ci sarà più nutrimento e quindi inizieranno a precipitare per mancanza di energia. C’è da dire però che ogni cellula di lievito ha il proprio ciclo vitale e quindi la sedimentazione potrebbe avvenire con tempistiche diverse per le diverse cellule e in base a quanto è flocculante il lievito utilizzato (per saperne di più sulla flocculazione e le altre caratteristiche del lievito vi rimando all’articolo “Come scegliere il giusto lievito adatto allo stile”). Questa fase si conclude in un arco di tempo che va dai 3 ai 10 giorni e una volta terminata sarà conclusa anche la nostra fermentazione. Per avere la certezza che non ci siano più lieviti vitali a lavoro sarà sufficiente misurare la densità del mosto.
Ora sappiamo cosa accade all’interno del nostro fermentatore, ma quali sono le cose che possiamo concretamente fare per aiutare il lievito a lavorare al meglio delle sue possibilità?
Il lievito viene influenzato da 3 aspetti principali che possiamo imparare a gestire:
• Temperatura: i lieviti innanzitutto si dividono in lieviti ad alta e bassa fermentazione, qusto comporta che i primi lavorino meglio a temperature comprese tra i 18 e i 21°C, mentre i secondi con un range che va dai 10 ai 14°C. Temperature più alte rispetto a quelle suggerite in entrambi i casi potrebbero generare durante la fermentazione aromi non previsti dallo stile, da tenui a decisamente sgradevoli, al contrario temperature più basse potrebbero ridurre l’attività del lievito fino a farlo “addormentare”. Oltre a questo dato fondamentale c’è da fare particolare attenzione al momento dell’inoculo del lievito. Sia il lievito che il mosto infatti devono essere portati a temperatura ambiente (circa 20-24°C) perché altrimenti, sia se il mosto è troppo caldo sia se il lievito è troppo freddo, le cellule finirebbero per morire. Inoltre se la temperatura del mosto nel momento dell’inoculo è eccessiva (sui 30-35°C) si aumenterà il rischio di contaminazione batterica che porterà alla formazione di sapori decisamente sgradevoli.
• Ph: il pH indica l’acidità di un liquido, come abbiamo visto nell’articolo “L’acqua, l’ingrediente più sottovalutato dagli homebrewers”. Il lievito per la sua proliferazione predilige un ambiente leggermente acido (pH compreso tra 5 e 5.5). Si tratta del range in cui dobbiamo tenere il nostro mosto nella fase di ammostamento durante la tecnica All Grain. Per le tecniche da malto luppolato e E+G il malto ottenuto con gli estratti avrà già il giusto livello di pH. Durante la fase di fermentazione il lievito porterà poi il pH a livelli intorno al 4.5.
• Ossigeno: fino al momento dell’inoculo dobbiamo fare attenzione a non far ossigenare il mosto per evitare l’ossidazione, ma nel momento dell’aggiunta del lievito, come abbiamo visto all’inizio, diventa un elemento fondamentare. Se dimenticate di ossigenare il mosto dopo l’inoculo la fermentazione potrebbe non partire, oppure se lo ossigenate troppo poco potrebbe procedere molto lentamente. Inoltre poco ossigeno porta alla formazione di esteri dai profumi troppo forti di frutta.
Oltre all’ossigeno, per ottenere energia il lievito si nutre anche di sali minerali. Come abbiamo visto prima, questi sono già contenuti nel mosto ma solo perché sono naturalmente presenti nel malto. I sali minerali presenti nel malto sono sufficienti per la fermentazione, ma se vogliamo avere delle cellule ancora più vitali si possono aggiungere dei nutrienti specifici per lievito, che generalmente sono una miscela di vitamine, minerali, amminoacidi e altri ingredienti che miglioreranno notevolmente la vitalità del lievito.
by Silvia – Birramia
Se non sei ancora fan clicca Mi piace!